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Maggioranze assembleari for dummies

La maggioranza è intesa comunemente, nell’ambito decisionale, come la maggioranza delle persone che esprimono una decisione omogenea sul totale dei presenti, formalmente essa si quantifica nella metà più uno del totale dei partecipanti.

La necessità di distinguere varie tipologie di maggioranze nasce dalla natura stessa delle delibera a cui pervenire. Difatti nel caso specifico del condominio, ogni condòmino possiede un certo peso nel voto datogli dalla caratura millesimale e questo aspetto viene preso in considerazione per la determinazione del cosiddetto quorum, ovvero la quantità limite al di sotto della quale l’assemblea non può costituirsi (quorum costitutivo) e deliberare (quorum deliberativo), per una data tipologia di delibera. Il quorum in qualche modo stabilisce la quota minima di rappresentanza.

Comunemente si distinguono, in ambito condominiale, le tipologie di maggioranze in: semplice, qualificata, assoluta.

La maggioranza semplice è utilizzata per le delibere di ordinaria amministrazione i cui limiti non sono prestabiliti a norma di legge oppure non stabiliti in regolamenti di natura contrattuale, ad esempio: l’incarico ad una ditta per la manutenzione ordinaria o la pulizia, ma con la legge di bilancio in merito di riqualificazione energetica è stata estesa la possibilità di deliberare utilizzando questo tipo di maggioranza. Nel caso di un’assemblea che delibera a riguardo in seconda convocazione risulta quindi in un totale di rappresentanza, ovvero la somma dei millesimi degli intervenuti (compresi i deleganti), di almeno un terzo del valore totale (333,33 millesimi) e la maggioranza di questi, ovvero quella comunemente intesa come maggioranza delle teste.

Per maggioranza qualificata si intende, la maggioranza espressa nell’art.1136 del cod.civ. . Quella più comune è quella formalizzata al comma 2, ovvero: Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la meta’ del valore dell’edificio. Sempre nello stesso articolo, sottoposto a revisione dalla legge 220/12, si fanno gli opportuni rimandi al 1117ter per quanto riguarda la modifica della destinazione d’uso delle parti comuni, al 1120 per le innovazioni oppure al 1122 per opere ad uso privato sulle parti comuni.

La maggioranza assoluta (sul valore totale, ovvero 500 millesimi) è necessaria per deliberare invece sul distacco dall’impianto di riscaldamento dal quale derivino notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini, oppure innovazioni che rendano porzioni di parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condòmino.

Nel caso dell’unanimità, chiaramente la tipologia di maggioranza gerarchicamente più importante, la stessa si rende necessaria in poche occasioni come ad esempio per la modifica del regolamento condominiale, nel caso esso sia di natura contrattuale.

L’importante ruolo dell’amministratore di condominio

Tra le delibere alle quali l’assemblea condominiale è chiamata a deliberare vi è quella della nomina del suo amministratore. Tra il condominio e l’amministratore si instaura quindi un rapporto contrattuale, come espressamente esplicitato dall’articolo 1129, comma 15, del del Cod.Civ..

L’assemblea condominiale, inoltre, qualora non si ritenga soddisfatta dell’operato del proprio amministratore, ovvero nel caso in cui quest’ultimo non adempia ai suoi doveri o, semplicemente, nel caso i condomini decidano di affidare la gestione ad altro amministratore, con la stessa maggioranza richiesta per la nomina, si può procedere senza che debba sussistere una giusta causa, alla revoca dell’amministratore.

A seguito dell’entrata in vigore della legge 220/2012, si formalizzano tutta una serie di doveri e linee operative alle quali l’amministratore deve attenersi con diligenza, durante l’espletamento dell’incarico, nonchè l’obbligo di provvedere alla propria formazione e aggiornamento professionale.

La prima norma in ordine logico è l’art. 1129 del Codice civile che, oltre a disciplinare la nomina e la revoca dell’amministratore di condominio, individua anche una responsabilità “per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato“.

Fondamentale risulta poi, l’art. 1130, il quale elenca, tra le attribuzioni dell’amministratore, l’obbligo di eseguire gli adempimenti fiscali, di tenere i registri (elencati ai numeri 6 e 7 del medesimo articolo), di conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione, di redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni.

Il successivo art. 1131 del Codice civile, comma quarto, prevede per l’amministratore che non adempiesse a quest’obbligo la revoca e il risarcimento dell’eventuale danno.

Tuttavia, le incombenze a carico dell’amministratore, oltre ad essere indicate nel del Codice civile, sono previste anche in numerose leggi speciali, come ad esempio: in materia di certificazione energetica, di bonifica dall’amianto, di prevenzione incendi e la manutenzione degli impianti, responsabilità condivisa e trasferita per competenza ai relativi professionisti incaricati.

Risulta chiaro che l’inosservanza dei doveri posti a carico dell’amministratore pone per lo stesso una responsibilità sia di tipo civile, che di tipo penale, qualora si siano prefigurati non solamente comportamenti illeciti, ma anche nel caso di gravissime negligenze.

E’ palese come vi siano elencati dalla legge tutta una serie di obblighi anche molto importanti sotto il profilo di responsabilità, non prevedendo in alcun modo i diritti e la regolamentazione di una professione, che richiede conoscenze inter-disciplinari (diritto civile, normativa tecnica di riferimento, gestione fiscale, psicologia, etc.), nonchè altissima integrità.

Si profilano tout court diverse problematiche, non solo morali nei confronti di lavoratori e quindi contribuenti per niente tutelati, ma anche conflitti di natura Costituzionale:

  • l’art. 35 della Costituzione Italiana sancisce infatti ” La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”, non risulta chiaro però come, sancendo doveri e obblighi, si escluda il diritto alla malattia, maternità, al riposo. Si ponga come esempio i casi di amministratori revocati perchè non reperibili di domenica, o per una comune influenza.
  • importante risulta anche l’art. 3 tra i doveri “della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Tale articolo può essere inquadrato nella mancanza di regolamentazione della professione per quanto riguarda ad esempio i compensi minimi, così com’è invece per tutte le altre professioni. . Tale mancanza apre le porte infatti, ad una gara al ribasso a discapito della professionalità e della dignità della persona.

A mio avviso tale mancanza di tutela deriva in sostanza da una mancanza di rappresentanza a livello politico da parte delle varie associazioni che raggruppano gli Amministratori di Condominio Italiani, una mancanza di voce che si ripercuote poi sulla professione e quindi su buona parte dell’esistenza di decine di migliaia di persone. E’ compito quindi delle varie associazioni conquistare la credibilità necessaria allo sviluppo della professione.