La legge 447/95 introduce per la prima volta il concetto di inquinamento acustico, ma bisognerà attendere i DPCM del 14/11/97 per aver fissati i limiti assoluti e di attenzione, a seconda della zonizzazione del territorio (protetto, residenziale, misto, industriale, etc.) e differenziali, ovvero quanto può un rumore per essere considerato tale, superare il “fondo”. Inoltre con il DPCM del 5/12/97 si definiscono i requisiti acustici passivi in edilizia e i requisiti delle sorgenti, ovvero l’isolamento acustico minimo delle strutture, quali muri, divisori e aperture e i livelli di emissione delle sorgenti (il valore in dB che troviamo ad esempio, sull’etichetta della lavatrice o della lavastoviglie in negozio).
Detto questo per rumore si intende un emissione sonora che provoca fastidio, disagio e/o disturbo al riposo e l’esposizione prolungata ad emissioni rumorose può indurre un vero e proprio danno all’organismo (passeggero o cronico).
Anche se il “danno biologico” va rigorosamente dimostrato (Cassazione civile n. 661/2017), il risarcimento del danno non patrimoniale scatta anche senza prova dell’effettiva esistenza dei danni stessi: in questi termini si è espressa la Cassazione con la sentenza 1606/2017.
I casi più comuni in condominio sono il disturbo dovuto ad impianti sonori (TV o HiFi) in casa oppure elettrodomestici, impianti condominiali (pompe o scarichi) oppure all’uso di calzature a suola rigida (rumore da calpestio).
Vediamo ora un esempio reale:
Teatro della contesa, un cortile trevigiano: un fratello vi esercita attività di lavorazione del ferro; l’altro vi abita e ne subisce le immissioni, fin tanto che decide di rivolgersi al Tribunale, che gli dà ragione. Le immissioni superano di 3 dB il rumore di fondo, anche se solo in alcuni giorni ed orari: il Tribunale ordina la cessazione delle immissioni, l’inibizione all’uso di determinati macchinari e il risarcimento dei danni.
La Corte d’Appello di Venezia conferma la condanna. E si configura il reato di cui all’articolo 659 del Codice penale (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) e scatta quindi l’obbligo di risarcire il danno non patrimoniale, a norma dell’articolo 2059 del Codice civile.
La Corte di Cassazione, con sentenza 1606/2017, conferma i due precedenti gradi e fa chiarezza nella materia:
a) in tema di immissioni, i rapporti tra privati proprietari di fondi vicini vanno risolti sulla base dell’articolo 844 del Codice civile, anche se vi siano norme più permissive che disciplinino i rapporti con la pubblica amministrazione;
b) il limite di tollerabilità è relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo e non può prescindere dalla rumorosità di fondo;
c) solo un esperto, scelto dal giudice, è in grado di accertare strumentalmente l’intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone, mentre i testimoni tendono ad esprimere giudizi valutativi di tipo soggettivo;
d) il danno non patrimoniale da immissioni illecite è risarcibile anche in assenza di un danno biologico documentato, «quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti».
si legga bene la sentenza,a proposito sia dell’occupaione abusiva delle motociclette,in sostituzione dei tavolini del bar Mary,e sia della loro rumorosità e sia della chiusura col relativo chiacchiericcio clientelare oltre il limite consentito.
Gentile sig.ra Marchini, ha tutta la nostra solidarietà. Qualora più di un condòmino lamentasse problematiche affini a quelle da lei esposte, potranno essere tali emissioni rilevate e certificate da parte di un tecnico abilitato, in modo da poter poi prendere la giusta strada.
Rimaniamo sempre a vostra disposizione per ogni chiarimento