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Fisco, cartelle sospensione della notifica ad agosto

Agosto in serenità per i contribuenti. L’Agenzia delle Entrate, infatti, congelerà le cartelle e le comunicazioni per tutto il prossimo mese, in accordo con il ministero dell’Economia. Questo come ovvio, per evitare inutili disagi ai cittadini. La sospensione coinvolgerà la notifica di più di un milione tra cartelle, avvisi di liquidazione, richieste di documentazione e lettere di compliance. In questo modo si eviterà la decorrenza dei termini. Resteranno solo gli atti non derogabili che, continueranno invece ad essere recapitati.

Più nel dettaglio, l’agenzia delle Entrate ha bloccato la partenza di 120mila lettere di compliance e di circa 430mila comunicazioni nelle quali si evidenzia l’eventuale presenza di irregolarità nelle dichiarazioni dei redditi e Iva. Nella sospensione di agosto rientrano anche le richieste agli intermediari e ai contribuenti di esibizione di documenti relativi al controllo formale delle dichiarazioni dei redditi sui dati relativi a deduzioni, detrazioni e ritenute indicati in dichiarazione, che potranno essere prodotti entro il prossimo 1°ottobre con riferimento alle dichiarazioni del 2016 relative all’anno di imposta 2015. A queste si aggiungono le lettere di compliance relative a varie tipologie di reddito, per l’anno d’imposta 2014, attraverso le quali l’Agenzia permette ai contribuenti di rimediare in autonomia ad eventuali errori o dimenticanze.

Adeguamenti GDPR

Gentili Clienti,

lo Studio Cerello & Chesini srl ha già messo in opera le prescrizioni per la garanzia di riservatezza e correttezza nell’utilizzo dei vostri dati personali.  In particolare l’accesso ai dati è stato strutturato in modo che ogni modifica sostanziale e copia degli stessi, sia vincolato ad approvazione di un singolo responsabile deputato al controllo.

Ogni operazione sugli archivi è tracciata in un registro non modificabile, per permettere ogni controllo a posteriori ed inoltre le password di accesso agli stessi archivi, sono scelte solo tra quelle di complessità molto alta e saranno sostituite almeno ogni 6 mesi.

Cordiali saluti

Lo Staff

Nulla osta statico per modificare la planimetria dell’appartamento

E’ importante capire il confine tra diritto di proprietà e l’interesse comune. La legge (articolo 1122 del Codice civile) impedisce al singolo condomino di eseguire nel suo appartamento opere che possano ledere il diritto di pari godimento del bene comune, la sua stabilità e quindi la sua sicurezza. Motivo per cui occorre sempre informare l’amministratore prima di dar luogo a interventi in grado di determinare un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.

L’abbattimento di pareti interene della propria unità immobiliare (anche non portanti) richiede una adeguata analisi statica dell’edificio.

Un’alterazione della cosa comune risulta poi nella modifica della copertura, ad esempio per creare una terrazza ad uso esclusivo.

L’amministratore, che dovrebbe essere informato di eventuali lavori all’interno delle unità, deve poi sottoporre alla valutazione dell’assemblea la documentazione acquisita, qualora ritenga, che le nuove opere possano creare pregiudizio (magari mutandone anche la destinazione) alle parti comuni dell’edificio.

Nel caso i lavori in programma incidano negativamente e sostanzialmente sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i singoli condòmini possono, in prima istanza, diffidare l’esecutore e chiedere la convocazione dell’assemblea per inibire a quest’ultimo di procedere o per indurlo a modificare il progetto d’intervento.

Gli eventuali danneggiati sono legittimati a richiedere, in via autonoma, il risarcimento dei danni subiti, compresi quelli dovuti a immissioni di rumore o che, in genere, comportino una limitazione al pacifico uso del loro bene.

L’assemblea, invece, assume le delibere del caso con la maggioranza qualificata prevista dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile: ovvero maggioranza del valore e degli intervenuti.

A prescindere dall’assemblea, spetta però all’amministratore (articolo 1130, n. 4 del Codice )l’iniziativa per fare cessare l’abuso del bene comune.

La relativa azione dev’essere proposta davanti al giudice di pace del luogo in cui si trova il complesso condominiale, in quanto competente a decidere per le vertenze relative alla misura e all’uso dei beni e dei servizi comuni (articolo 7, n. 2, del Codice di procedura civile). Con la successiva sentenza, il giudice può quindi ordinare al condomino chiamato in giudizio di cessare l’abuso e risarcire eventualmente il danno causato.

Più diritti per il consumatore di energia: la direzione del parlamento UE

Più trasparenza nelle bollette dell’energia, cambi di operatore in 24 ore e sostegno ai consumatori che producono in proprio energia elettrica da immettere nella rete: queste sono alcune delle misure approvate dalla Commissione industria dell’Europarlamento.

Tra le proposte da analizzare ci sono le volture rapide, sostegno ai prosumer e misure per la cooperazione in caso di black-out.
Una volta approvati gli emendamenti, si potrà cominciare il negoziato tra Commissione, Consiglio ed Europarlamento affinché le nuove regole diventino definitive.

Nello specifico, gli europarlamentari chiedono bollette più chiare e volture che – dal 2022 – devono essere possibili in 24 ore in tutta l’Ue, agevolazioni per la creazione di reti locali di produttori-consumatori di energia e misure per la cooperazione in caso di crisi di approvvigionamento energetico.

5% di sconto per chi si reca in bici all’ assemblea condominiale: un’iniziativa dello Studio Cerello & Chesini a favore della mobilità sostenibile

Il trasporto su gomma insieme ai sistemi per il riscaldamento contribuiscono all’immissione in atmosfera di gas serra, responsabili del riscaldamento globale.

ca. 1986, Delegacion Miguel Hidalgo, Mexico City, Mexico --- A major street in the Miguel Hidalgo area of Mexico City is clogged with traffic and smog during the morning rush hour. --- Image by © Stephanie Maze/CORBIS
ca. 1986, Delegacion Miguel Hidalgo, Mexico City, Mexico — A major street in the Miguel Hidalgo area of Mexico City is clogged with traffic and smog during the morning rush hour. — Image by © Stephanie Maze/CORBIS

Anche l’inquinamento da particolato non può essere sottovalutato ed è un problema molto rilevante oggigiorno, visto che le particelle fini prodotte dai moderni motori si insinuano fino a livello alveolare, contribuendo alla genesi di molte patologie purtroppo anche oncologiche.

Una vita sedentaria e poco attiva inoltre ha ricadute dirette sulla nostra salute e può essere un ulteriore fattore di richio per diverse patologie.

Per questo motivo lo Studio Cerello & Chesini da sempre sensibile in materia di salute e ambiente, promuove il trasporto sostenibile con un’iniziativa a favore dei condomini.

Anche quest’anno se la maggioranza dei presenti si recherà all’assemblea di chiusura bilancio utilizzando la bicicletta come mezzo di locomozione, il condominio avrà diritto ad uno sconto del 5% rispetto al tariffario, sull’onorario della successiva gestione ordinaria. Un ulteriore 5% sarà applicato se il condominio si trova a più di 5km dalla sede dell’assemblea.

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L’offerta è valida per tutto il 2018.

Porta blindata: alcuni consigli

Secondo gli ultimi dati ISTAT in Italia nel 2016 c’è stato mediamente un furto ogni 63 abitazioni. Tutelare la propria sicurezza e i propri beni, diventa quindi prioritario. Con una spesa relativamente “democratica” (circa 2000 euro) si può installare una buona porta blindata, con la possibilità di portare la spesa in detrazione nei 10 anni al 50% fino al 31/12/2017.

Non si tratta poi solamente di sentirsi più protetti, la porta blindata di qualità ed installata ad arte ci protegge anche dai rumori e dalle fughe di calore, portando un beneficio a livello di comfort acustico e termico.

Le porte blindate si dividono in classi, dalla 1 alla 6, a seconda della resistenza allo scasso, con prove effettuate così come normato nelle  UNI 1627 e 1630. Quelle in uso per le abitazioni sono in genere la classe 3, capaci di resistere anche allo sforzo del piede di porco, ma per essere sicuri, la classe 4, che dovrebbe limitare l’azione di martelli o trapani portatili, è la scelta indicata.

E’ importante chiedere in sede di preventivazione le caratteristiche di trasmittanza termica e acustica, della porta una volta posata, nonchè la classe di blindatura, certificata a norma UNI, per poter raffrontare diversi prodotti.

Barbeque in condominio: come evitare le liti

L’utilizzo del barbecue per le classiche grigliate estive è un’usanza abbastanza comune ma è noto che normalmente, esso risulta sgradito e può essere talvolta dannoso per gli altri condomini le cui abitazioni vengono inevitabilmente invase da fumi e odori dei vicini.


Per evitare conflitti non resta che limitare le conseguenze dell’uso di tali apparecchi, tenendo conto che bisogna in ogni caso rispettare la normativa sulle immissioni, nonché le norme sulle distanze e le eventuali rigorose prescrizioni contenute nei regolamenti comunali e condominiali. L’ultima pronuncia, che configura addirittura un reato, è la sentenza 15246/2917, per la quale è consuetudine la presunzione assoluta di nocività o pericolosità, superabile solo con la adozione degli opportuni accorgimenti, ovviamente variabili in base alle situazioni concrete.
Il pericolo delle immissioni intollerabili
Come ha precisato il giudice di pace di Torino (con sentenza del 10/06/2010) i fumi e gli odori provenienti dal barbecue, vista la vicinanza e le immissioni che la cottura è in grado di sviluppare, sono idonee a provocare un sensibile disturbo e disagio in un’abitazione privata e contribuiscono a deprimervi la qualità della vita, rendendo quindi applicabile la fattispecie di cui all’art. 844 c.c..
Tale disposizione precisa, tra l’altro, che le immissioni di fumo provenienti dal fondo del vicino, non possano superare la normale tollerabilità.

In ogni caso se le immissioni sono insopportabili e frequenti il giudice può condannare il condomino proprietario del barbecue non solo all’adozione di misure idonee ad evitare immissioni sul fondo del vicino ma anche al ristoro dei pregiudizi non patrimoniali subiti dal danneggiato (e non solo se è sorto un danno biologico ma anche se vi è stata, ad esempio, la lesione del diritto alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza).
L’accertata esposizione ad immissioni intollerabili, però, non costituisce di per sé prova dell’esistenza di un danno alla salute, la cui risarcibilità è subordinata all’accertamento dell’effettiva esistenza di una lesione fisica o psichica.
Del resto, il danno derivante dalle immissioni di fumo, provenienti dal camino-barbecue del vicino, non dà diritto a ottenere il risarcimento del danno se di trascurabile entità.
Barbecue e regolamento di condominio
Prima di procedere alla grigliata è necessario leggere attentamente il regolamento di condominio che può contenere una norma di natura contrattuale (accettata da tutti i condomini nei rogiti) che vieta espressamente l’uso di barbecue o ne impedisce indirettamente l’uso, vietando la cottura di cibi negli spazi pertinenziali privati.
Se esistono tali disposizioni è irrilevante che le immissioni di fumo siano tollerabili: infatti le grigliate sono di fatto proibite (anche al conduttore) e ogni condomino può pretendere, anche giudizialmente, il rispetto del regolamento.
In ogni caso si deve tenere conto pure di quelle norme che stabiliscono modalità e orari per svolgere attività potenzialmente fastidiose o rumorose, come le feste organizzate intorno al barbecue.
Barbecue e rapporti di vicinato
Bisogna considerare che se un condomino utilizza un barbecue abusivo (realizzato senza permesso) consistente in una vera e propria fornace di notevoli dimensioni, con struttura portante in mattoni e cemento, chiusa da due lati, dal cui tetto spiovente in tegole si elevano dei comignoli, il vicino disturbato potrebbe interrompere le grigliate richiedendo la demolizione del manufatto illecito.
Infatti, la nozione di pertinenza urbanistica è meno ampia di quella civilistica e non può consentire la costruzione di opere consistenti, in quanto l’impatto volumetrico incide in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio e, conseguentemente, si rende necessario il rilascio di permesso di costruire.
Del resto tali strutture richiedono, se assentite, il rispetto delle distanze legali.
In ogni caso si deve tenere conto dell’articolo 890 c.c. che disciplina le distanze da osservare per la realizzazione di opere potenzialmente pericolose (Cass. 15246/17).
Tale norma prevede che, nel caso in cui si vogliano realizzare forni occorre osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza.
In particolare nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza minima, si prescinde da ogni accertamento concreto, trattandosi in questi casi di una presunzione di pericolosità assoluta;
In difetto di una disposizione regolamentare comunale, si ha invece una presunzione di pericolosità relativa, che può essere superata ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che, mediante opportuni accorgimenti, può ovviarsi al pericolo od al danno del fondo vicino.
Se tale prova non viene fornita, sarà il giudice, di volta in volta, a stabilire (coadiuvato dai propri consulenti tecnici) quale sia la distanza minima da rispettare per evitare che le esalazioni nocive raggiungano i condomini vicini.

In sostanza prima di installare un barbecue e di utilizzarlo, magari sarebbe cortesia domandare a chi potenzialmente potrebbe subire le esalazioni, se questo da fastidio. Solitamente almeno che non facciate grigliate un giorno si ed uno no, questa precauzione può essere sufficiente per evitare una lite.

Tassa affitti brevi: al via dal 17 luglio

Lunedì 17 luglio scatta il primo appuntamento tra il fisco e i altri portali che si occupano di affitti a breve termine (AirBnB et al.). La manovra correttiva ha introdotto difatti, l’obbligo per i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, di comunicare al fisco i dati sui contratti e trattenere una somma pari al 21% se intervengono nel pagamento o incassano i corrispettivi.

Entro il 17 luglio andranno quindi versate le imposte relative agli affitti a partire dal 1° giugno: si tratta di una tassazione “secca” del 21% che viene trattenuta direttamente dagli intermediari, i quali a loro volta devono “girare” gli importi alle Entrate.

Airbnb e le altre società che offrono il servizio di intermediazione immobiliare per le locazioni non superiori a 30 giorni devono, da questo mese, farsi carico di trasmettere al fisco i dati relativi ai contratti conclusi. In particolare, devono comunicare il nome, cognome e codice fiscale del locatore, la durata del contratto, l’importo del corrispettivo lordo e l’indirizzo dell’immobile. La predisposizione e la trasmissione dei dati deve avvenire attraverso i canali telematici dell’Agenzia.

Secondo quanto previsto dalla manovra correttiva 2017, ai redditi che derivano da questi contratti, stipulati dal 1° giugno 2017, si applicano in via opzionale le disposizioni relative al regime della cedolare secca con l’aliquota del 21% sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali sui redditi derivanti dalla locazione. La ritenuta va versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è effettuata. Per il versamento va utilizzato il codice tributo “1919” denominato “Ritenuta operata all’atto del pagamento al beneficiario di canoni o corrispettivi, relativi ai contratti di locazione breve – articolo 4, comma 5, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50”.

Antenne televisive in condominio: considerazioni post-riforma

Per poter usufruire dei programmi tv a pagamento, o per potesrsi collegare al satellite (Tv-Sat) data l’insufficienza del digitale terrestre, è necessaria l’installazione di una parabola.

In condominio i risvolti, come noto, possono essere molteplici: salvaguardia del decoro architettonico dell’edificio e dell’aspetto paesaggistico, compatibilità con i regolamenti comunali, decisioni delle assemblee sugli assetti condominiali.

Vediamo innanzitutto le diverse casistiche.
Antenna singola
Il diritto all’installazione di impianti radiotelevisivi è ora per la prima volta esplicitamente regolato, nella normativa condominiale, dal 1122-bis c.c. introdotto dalla riforma del 2012. In passato, si erano avute a varie riprese (dalla legge n. 554/1940 a tutti i provvedimenti successivi, poi assorbiti nel D.Lgs. 259/2003) disposizioni di carattere generale che confermavano questa facoltà riconosciuta dalla giurisprudenza come diritto soggettivo perfetto di natura personale (Cass. 12295/03, ma già Cass. S.U. 3728/76) al quale vien data la base costituzionale (art. 21) del diritto all’informazione (Cass. 7418/83). Il termine “radiodiffusione”, usato dalle precedenti leggi, si riteneva comprensivo anche della diffusione televisiva (v. già Cass. 2862 /94 e poi D.M. delle comunicazioni 11/11/05). Tale diritto compete, oltre che al condomino, anche al conduttore (Cass. 1176/86 e D.Lgs. 259/03 che parla all’art. 91 di “richieste di utenza degli inquilini o dei condomini”).
Le antenne si possono collocare su qualsiasi parte dell’immobile, anche altrui, purchè rispettino le seguenti condizioni poste dal complesso delle varie norme interessate:

a) recare il minor pregiudizio alle parti comuni ed alle proprietà private;

b) preservare in ogni caso il decoro architettonico, la stabilità e sicurezza dell’edificio;

c) non pregiudicare il libero uso della proprietà altrui secondo la sua destinazione;

d) non impedire agli altri condomini di fare parimenti uso del bene comune secondo il loro diritto;

e) non alterare la destinazione di tale bene. La possibilità di un “minimo pregiudizio” costituisce una deroga al principio generale di evitare ogni danno alle parti comuni (v. ad es. 1122) ed ai beni privati (209 D.Lgs. 259/03).

L’installazione non richiede alcuna autorizzazione e può avvenire sulle parti private altrui solo nell’impossibilità di utilizzare spazi propri o di avvalersi di un’antenna comune (Cass. 9427/09 e Cass. 9393/05). I proprietari delle varie unità immobiliari devono consentire l’accesso per la progettazione e l’esecuzione delle opere; gli stessi ed il condominio non possono opporsi nemmeno al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro impianto (con i limiti di salvaguardia sopra indicati).
Il criterio generale di preventiva informazione dell’amministratore per ogni opera da eseguire nell’edificio (su beni propri o condominiali) si applica, per l’antenna, solo se occorre procedere a modifiche delle parti comuni. In tal caso scatta una particolare procedura che vede l’assemblea legittimata (con la maggioranza di 2/3 del valore edificio) ad imporre modalità “alternative” di esecuzione, cautele a salvaguardia della stabilità, sicurezza o decoro del fabbricato, nonché garanzie per eventuali danni. Naturalmente, in caso di disaccordo si arriverà all’intervento del giudice e dei periti. Si può, comunque, ritenere che l’amministratore debba procedere alla convocazione dell’assemblea straordinaria (e senza indugio) solo quando ciò si dimostri necessario od anche solo opportuno, secondo la comune esperienza, per il tipo e l’entità delle modifiche evidenziate dal contenuto specifico e dalle modalità di esecuzione che l’utente è obbligato ad indicare. L’amministratore può avvalersi del parere del consiglio di condominio, ma in definitiva la responsabilità per ogni valutazione rimane a suo carico.
L’antenna individuale, in quanto diritto autonomo ed insopprimibile, è indipendente dall’esistenza originaria o sopravvenuta della centrale condominiale, che viene prevista da altra norma (1120 c.c.) senza che fra le due situazioni esista gerarchia di sorta; ed ancor prima degli accennati sviluppi legislativi i giudici avevano sempre riconosciuto l’autonomia del diritto del singolo, dichiarando nulla la delibera che vieta l’antenna per il solo fatto dell’esistenza di un impianto centrale (Cass. 7825/90; Cass. 5399/85). Di conseguenza l’assemblea non può impedire l’installazione, né imporre la rimozione dell’antenna; ed a sua volta l’amministratore non potrebbe eseguire una delibera palesemente nulla (a pena anche di eventuali reati, come ad es. danneggiamento).
Le stesse caratteristiche del diritto, che ne escludono la natura “affievolita” (cioè di interesse legittimo), impediscono che le normative dei Comuni possano pregiudicarlo. In linea di massima gli enti territoriali possono incidere su luogo e modalità di posizionamento (ubi e quomodo) ma non sull’an (installazione), poiché il diritto è garantito da leggi dello Stato; mentre invece possono pretendere che le parabole siano accorpate. Gli aspetti che vedono il loro intervento sono essenzialmente due. Il primo riguarda la tutela del paesaggio, che ha un fondamento costituzionale nell’art. 9 Cost. La l. 249/1997 (c.d.”legge Maccanico”) aveva imposto ai Comuni di emanare un regolamento sull’installazione degli apparati di ricezione delle trasmissioni radiotelevisive satellitari nei centri storici al fine di garantire la salvaguardia degli aspetti paesaggistici. Il perseguimento di un tale interesse pubblico e l’ineludibile tutela di un diritto individuale comporta la necessità di un bilanciamento fra le due situazioni protette, che si richiamano a norme di rango primario.
L’altro campo di intervento è quello del decoro architettonico, che la nuova disciplina impone di “preservare in ogni caso” (1122-bis). La perentorietà della disposizione porta a ritenere che la linea di tolleranza finora tendenzialmente adottata deve subire un’inversione di rotta perchè, dopo la riforma, la tutela di questo bene viene a prevalere sul diritto all’antenna, trasformato in “anarchia” da un inarrestabile fenomeno di massa (relativo a parabole, climatizzatori, telefonia, ecc.) che ha modificato in qualche misura il comune senso dell’estetica e del decoro. In genere i regolamenti edilizi locali consentono solo antenne e parabole centralizzate sul tetto ovvero, in caso di impossibilità tecnica, antenne singole ridotte al minimo poste sempre sulla copertura e non sulla facciata.
Il problema è che non esiste una definizione legislativa del decoro architettonico e la sua valutazione deve essere perciò effettuata caso per caso, con un’indagine di fatto riservata al giudice di merito (già Cass. 428/84 e da ultimo Cass. 20985/14). Secondo gli indirizzi giurisprudenziali, è vietata quell’opera che alteri le linee architettoniche del fabbricato o che si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso. Bisogna aver riguardo sia all’intero edificio che a singole parti o elementi dello stesso dotati di sostanziale autonomia, ed alla consequenziale diminuzione del valore di ciascuna delle unità immobiliari che lo compongono (Cass. 53/14; Cass. 1286/10, ecc.). Per una parte della giurisprudenza è necessario tener conto dello stato dell’edificio al momento in cui l’innovazione viene posta in essere e dunque la lesività estetica non è rilevante se il decoro architettonico era già stato gravemente compromesso da altre precedenti opere sull’immobile di cui non sia stato preteso il ripristino (Cass. 1286/10; Cass. 26055/14); ma un tale indirizzo non è univoco.
Nelle due situazioni finora delineate il giudice, nel caso di evidente pregiudizio all’aspetto paesaggistico o al decoro architettonico, non si limiterà semplicemente a disporre la semplice eliminazione della parabola (e con essa del diritto all’informazione), ma adotterà una soluzione che consente la salvaguardia di entrambi i valori in gioco. Se non è possibile una diversa collocazione delle parabole non rimane che la formazione di gruppi di utenze ovvero, in ultima analisi, il collegamento con un impianto centralizzato (sempre che esista per quel tipo di servizio, cosa da escludere in genere per la ricezione satellitare, a maggior ragione se a pagamento). Abbiamo visto che quest’ultima via è stata seguita dalla giurisprudenza in un altro caso di diritti configgenti, quando si trattava di invadere la proprietà altrui.
Rimangono salve, in ogni caso, eventuali clausole “contrattuali” del regolamento condominiale, che possono condurre anche al sacrificio di un diritto individuale; mentre le altre, di natura regolamentare, possono intervenire solo sulle modalità di installazione.


Antenna condominiale
Si deve intendere per impianto centralizzato quello idoneo a servire potenzialmente la generalità dei condomini ed installato sia per volontà del costruttore fin dall’origine, sia successivamente per effetto di delibera condominiale. L’orientamento del legislatore è di favorire la realizzazione di queste strutture, con particolare riguardo agli impianti satellitari. La norma già citata della l. 249/1997 (dove l’espressione “antenne collettive” va intesa come “antenne condominiali”) ne stabilisce l’obbligatorietà per tutti gli immobili di nuova costruzione o sottoposti a ristrutturazione generale; e la l. 66/2001 qualifica le opere di installazione di nuovi impianti satellitari come “innovazioni necessarie”. Il D.M. per lo sviluppo economico 22/1/2013, sulle regole tecniche per gli impianti (terrestri e satellitari) centralizzati d’antenna, indica come scopo la “riduzione ed eliminazione della molteplicità di antenne individuali, per motivi sia estetici sia funzionali”, ma fa salvo il già richiamato disposto del 209 D.Lgs. 259/2003 che garantisce il diritto all’antenna singola (ora, come s’è detto, ribadito e meglio disciplinato dal nuovo 1122-bis c.c.).
Posto, dunque, che la convivenza fra parabole individuali ed impianti centralizzati è perfettamente legittima, sia pure nel rispetto delle condizioni in precedenza indicate, il discorso si sposta sulla categoria di soggetti che devono sostenere l’onere dell’opera condominiale.
Nel caso di impianto (terrestre o satellitare) sorto insieme con l’edificio siamo in presenza di una “parte comune” (prevista ora dalla riforma al n. 3 del 1117) che obbliga tutti i condomini alle spese di gestione e conservazione (da ripartire in egual misura e non in base ai millesimi, perché l’uso della tv prescinde dalle dimensioni dell’appartamento: Cass. 2916/69). È difficile, in questa situazione, che possano sorgere antenne singole, attesa la mancanza di un interesse dell’utente che gode già dello stesso servizio offerto dal condominio e posto anche a suo carico; a meno che non si tratti di servizi aggiuntivi, satellitari (Tv-Sat, pay-tv) o terrestri.
Differente si profila la situazione quando l’impianto centralizzato viene successivamente deciso dall’assemblea condominiale con le maggioranze del 1120 c.c. La l. 66/2001 stabilisce che “le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie” (art. 2-bis). Per alcuni autori non è dato sapere cosa in realtà il legislatore abbia voluto intendere con tale espressione. Si potrebbe pensare che lo scopo era quello di sottolineare (in modo poco felice) l’importanza dell’evoluzione tecnologica ed una preferenza verso questi nuovi strumenti per le maggiori opportunità che possono offrire in collegamento con il “mondo”; o più probabilmente che la suddetta qualifica serviva a giustificare l’originario ridotto quorum di un terzo dei condomini e delle quote millesimali (portato ora dalla riforma a 500 millesimi con la maggioranza degli intervenuti) che consentiva una più facile realizzazione. Altri, invece, ritengono che il carattere di “innovazione necessaria”, escludendo per definizione la natura voluttuaria dell’opera, negherebbe ai condomini dissenzienti la possibilità di invocare la norma (1121) sulle innovazioni “voluttuarie” per essere esonerati dal contributo.
La tesi non sembra convincente. Intanto la citata legge si riferisce solo agli impianti satellitari, per cui resterebbero incomprensibilmente esclusi dal carattere di “necessarietà” gli impianti tradizionali, che pure assolverebbero al compito di ridurre la selva delle antenne singole. In secondo luogo, il 1121 prevede anche l’esonero per l’innovazione “gravosa” e tale potrebbe risultare il nuovo impianto per chi ha già una sua fonte del servizio. Ma altri argomenti si possono aggiungere, ben più sostanziali.
In realtà, il problema va considerato sotto una diversa angolatura alla luce di talune indicazioni che provengono dal sistema: divisibilità del servizio (utilizzazione separata: 1121), possibilità di uso diverso del medesimo (1123), necessarietà di alcune parti comuni per l’esistenza dell’edificio (1117). Il servizio non si annovera tecnicamente tra i beni (cose ed impianti) e può formare oggetto solo di godimento in comune (Cass. 9096/2000). Ma anche per i servizi bisogna distinguere fra quelli necessari per la vita della comunità o destinati in permanenza per il titolo all’uso e godimento collettivo (ad es. servizi idrici, fognari, di illuminazione, fornitura del gas, portierato) e tutti gli altri. La Suprema Corte aveva ritenuto ammissibile la rinuncia agli impianti superflui o illegali, con il conseguente esonero della spesa per la loro conservazione (Cass. 4652/91). Nel caso in esame, più che di rinuncia, si tratterebbe di non partecipare all’uso di un servizio perché dello stesso già si gode in base ad un proprio impianto individuale che si ha diritto di mantenere; e la “misura diversa” (prevista dal 1123) in cui un condomino può servirsi del bene comprende anche il “livello zero”.
Non può l’assemblea violare la libertà della persona ed imporre un onere economico (contributo per l’impianto ed acquisto del decoder) giustificandolo con l’offerta di programmi diversi ed ulteriori, per il quali il condomino non ha interesse. A maggior ragione, poi, la decisione condominiale non è vincolante in quei casi (in verità piuttosto rari) di soggetti che non sono interessati alla tv e dovrebbero acquistare l’apparecchio, l’eventuale decoder e provvedere al pagamento del canone Rai. La legge parla di “servizi nell’interesse comune” (1123, 1130 n. 2) e non è tale il servizio televisivo centralizzato quando non risponde ai bisogni di alcuni condomini. Si aggiunga, infine, che esistono poi i programmi della tv a pagamento, per i quali un impianto condominiale vincolante richiederebbe l’unanimità di tutti i condomini. Si può, allora, concludere che l’antenna centralizzata obbliga alla spesa solo coloro che l’hanno accettata; e dunque la coesistenza di impianti singoli (quasi sempre parabole) e condominiali è, purtroppo, destinata a rimanere, con i limiti per l’antenna individuale (comunque non indifferenti) che sono stati descritti in precedenza.
L’opera in esame fa parte delle innovazioni “sociali o agevolate” di cui al secondo comma del 1120 c.c. e va approvata con i 500 millesimi, ma senza spiegare effetti obbligatori, come s’è appena detto, verso i condomini che godono già del servizio ed hanno diritto di mantenere la loro antenna. A questo punto, non si vede come possa attribuirsi alla norma una portata generale, poiché non siamo in presenza di una “innovazione” in senso tecnico se in sostanza si ricade nella installazione di un’antenna “collettiva” appartenente ad un gruppo di condomini (come spiegato nel paragrafo che segue) che non richiede alcuna maggioranza, tanto meno qualificata, ma solo il consenso degli aderenti. L’efficacia della disposizione si riduce all’ipotesi di un coinvolgimento di tutti i condomini od anche a quella di un bene “potenzialmente condominiale” che, pur rimanendo in uso ed a carico dei soli consenzienti, è predisposto tecnicamente per la possibile utilizzazione successiva degli altri condomini (si faccia l’ipotesi di obbligatorio smantellamento, iussu iudicis, di alcune parabole) secondo la logica dell’ultimo comma del 1121. Ma pure questa ridotta eventualità di configurare una “innovazione” con il suo quorum maggiorato viene a cadere quando l’opera non altera la destinazione del bene comune né limita il diritto d’uso degli altri condomini. Almeno questo è il senso da attribuire allo strano inciso introdotto nel 1120 (al n. 3 del secondo comma) “ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto”: la mancanza delle indicate modifiche elimina la qualifica di “innovazione” e ripristina la maggioranza ordinaria (di 1° o di 2° convocazione).
Nel caso di rinnovo dell’impianto per intervenuta obsolescenza, l’opera costituisce una miglioria, non un’innovazione; comunque delibera vincola sempre i soli condomini interessati.
Superfluo aggiungere che una chiarificazione legislativa sarebbe quanto mai necessaria su questi come su altri punti della riforma.
Antenna collettiva
Più condomini possono consociarsi per installare una parabola multiuso, per godere di servizi aggiuntivi (Tv-Sat, “pay-tv”) rispetto a quelli del digitale terrestre di cui è dotato il condominio oppure per supplire (specie nelle zone montane) all’insufficiente ricezione del digitale stesso, od infine (come sarebbe auspicabile) per disboscare la massa di antenne singole a tutto vantaggio dell’estetica dell’edificio. Un tale l’impianto può chiamarsi “collettivo”, per distinguerlo da quello condominiale che ha la sua fonte in una delibera assembleare rivolta ad una generalità di condomini. Richiamando quanto detto nel primo paragrafo, i regolamenti comunali potrebbero imporre l’accorpamento delle parabole in una o più (ma sempre limitate) antenne “collettive” per salvaguardare il decoro dell’edificio. Se, ad es., in un edificio vi sono più scale, è ragionevole che si installi una parabola per ogni scala a beneficio dei condomini che diano la loro disponibilità. Insomma, se non è possibile che le antenne siano un bene comune di tutti i condomini bisogna che siano almeno beni in comune di gruppi di condomini. In questi casi gli interessati provvedono a proprie spese all’impianto collettivo secondo la medesima procedura (1122-bis) illustrata per l’antenna individuale. Ne consegue la formazione, in tale limitato ambito, del c.d. “condominio parziale”, ai sensi del 1123 che richiama anche”opere od impianti”. Poiché va comunque informato l’amministratore, di norma gli si dà il mandato di organizzare il necessario lavoro e di scegliere l’impresa esecutrice di comune accordo con i soli condomini richiedenti; mentre l’assemblea verrà coinvolta solo se si rendano necessarie modifiche delle parti comuni.

Investimenti: box auto o appartamento?

L’investimento in un box porta sicuramente il vantaggio di una gestione più semplice rispetto all’appartamento.  La scelta del box presuppone la valutazione di una zona con un numero ridotto di parcheggi e di eventuali interventi di costruzione di nuovi box oppure di nuovi parcheggi in zona che andrebbero ad aumentare l’offerta, che comporterebbe inevitabilmente ad una riduzione media dei canoni nella stessa zona. In questi ultimi anni di difficoltà di mercato immobiliare, una delle prime rinunce dei potenziali inquilini e acquirenti è proprio il garage, al fine di tagliare le spese.

La decisione di affittare una casa presuppone la scelta di una zona con un’elevata domanda di immobili in locazione (ad esempio zone universitarie, ad alta presenza di aziende o uffici che attirano trasfertisti) ben servita e ben collegata. I rendimenti annui lordi dei box sono mediamente più elevati di quelli degli appartamenti. Nelle grandi città, nel I semestre del 2016, siamo intorno a 5,9% del box contro il 4,7% di un bilocale. Tra le grandi città quelle che, nello stesso periodo, hanno registrato rendimenti più elevati sui box sono Bari (9,9%) seguita da Palermo (7,5%). Si tratta di città dove i prezzi dei box sono più contenuti rispetto alla media delle altre metropoli e questo incide positivamente sui rendimenti. Per quanto riguarda invece le abitazioni, tra le grandi città quelle che hanno il rendimento annuo lordo da locazione più elevato sono Verona (5,9%) e Palermo (5,4%). Ma un aspetto da considerare quando si investe sul mattone, che sia un appartamento o che sia un box, è la rivalutazione degli immobili nel tempo. L’analisi effettuata dall’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, che parte dal 2001, vede nelle grandi città una maggiore rivalutazione delle abitazioni rispetto ai box: 7,9% contro 4,6%.

Per quanto riguarda il nostro contesto cittadino il mercato dei box risulta florido in terraferma, inoltre il boom dell’affittanza turistica, agevolata dalle piattaforme web dedicate (ad es AirBnB), ha moltiplicato in questi ultimi mesi gli investimenti in appartamenti ad uso turistico, in particolare nelle zone più servite dai mezzi pubblici, per poter  raggiungere il centro storico in poco tempo.